La radice dell'Amore
Sant'Agostino
Vescovo e Dottore della Chiesa
Vescovo e Dottore della Chiesa
Fratelli miei, chi ha il cuore colmo di carità comprende senza alcun errore e custodisce senza alcuna fatica la molteplice ricchezza delle divine Scritture e quella immensa dottrina. Lo testimonia l'Apostolo: Il compimento della legge è la carità. E ancora: Il fine del precetto è la carità, che sgorga da cuore puro, da buona coscienza e da fede sincera . Il fine del precetto che cosa è se non il suo realizzarsi? E il realizzarsi del precetto che cosa è se non il compimento della legge? Perciò quel passo in cui [l'Apostolo] ha detto: Il compimento della legge è la carità coincide con quello che ha aggiunto dopo: Il fine del precetto è la carità. Né si può dubitare in alcun modo che l'uomo in cui risiede la carità sia tempio di Dio, perché Dio è carità, lo afferma Giovanni. Gli Apostoli, nel dirci queste cose, ed esaltandoci la preminenza della carità, non fanno altro che trasmettere a noi ciò di cui essi stessi si sono alimentati. Loro alimento fu lo stesso Signore che li nutrì con la parola della verità, con la parola della carità, che è poi lui stesso, il pane vivo disceso dal cielo. Disse loro: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. E ancora: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri. Colui infatti che venne ad annientare la corruzione della carne attraverso l'obbrobrio della croce e a sciogliere il vincolo antico che ci legava alla morte, con la novità della sua morte, con questo comandamento rese nuovo l'uomo. Era una cosa vecchia il morire dell'uomo.
Così, come dice l'Apostolo: E` stato messo a morte per i nostri peccati, ed è risorto per la nostra giustificazione . Colui dunque che contrappose a quella cosa vecchia che è la morte la novità della vita, contrappose anche al vecchio peccato un comandamento nuovo. Perciò, se vuoi estinguere il peccato, che è cosa vecchia, estingui la cupidigia osservando il comandamento nuovo, e pratica la carità. La carità è radice di ogni bene, come la cupidigia è radice di ogni male.
La carità, per la quale amiamo Dio e il prossimo, contiene sicuramente in sé tutta la grandezza e la vastità delle parole divine. C'insegna infatti il divino, unico Maestro: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente; e amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge ed i Profeti. Per cui, se non hai tempo di indagare su tutte le Pagine sante, di togliere il velo ai sacri discorsi, di penetrare tutti i segreti delle Scritture, attieniti alla carità, su cui tutto si fonda. Così possederai quello che lì hai imparato e possederai anche quello che non hai ancora imparato. Se hai conosciuto la carità, hai conosciuto ciò da cui dipende anche quello che eventualmente ancora non conoscessi. In sostanza quel tanto che capisci delle Scritture è Carità che ti si rivela, e quello che non capisci è Carità che ti resta nascosta. Pertanto chi pratica la carità possiede, delle divine Scritture, tanto quello che è palese, quanto quello che resta nascosto.
Perciò, fratelli, esercitate la carità, dolce e salutare vincolo delle anime: senza di essa il ricco è povero; con essa il povero è ricco. Essa è paziente nella avversità, moderata nella prosperità. E` forte in mezzo alle dure sofferenze, piena di gioia nelle opere buone; nelle tentazioni sicurissima; nell'ospitalità larghissima; lietissima tra i veri fratelli; pazientissima con quelli falsi. In Abele che sacrifica è gradita a Dio, in Noè sicura nel diluvio; nelle peregrinazioni di Abramo fedelissima; in Mosè, fra le ingiurie, mitissima; nelle tribolazioni di Davide sommamente mansueta. Nei tre fanciulli [della fornace] aspetta con tranquilla innocenza contro le fiamme che saranno innocue; nei Maccabei è forza che sostiene le fiamme crudeli. E` casta in Susanna sposa, in Anna vedova, in Maria vergine. E` franca in Paolo nell'incolpare, è umile in Pietro che ubbidisce. E` umana nei cristiani che si confessano, divina nel perdono che Cristo accorda. Ma che potrei mai dire di più o con maggior ricchezza di quanto ha detto il Signore, che intona una lode alla carità per bocca dell'Apostolo, il quale dimostra la superiorità, su tutte, di questa via? Egli dice: Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. La carità è paziente; è benigna la carità; non è invidiosa la carità; non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tien conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Quanto è grande la carità! E` l'anima dei Libri sacri, è la virtù della profezia, è la salvezza dei sacramenti, è la forza della scienza, il frutto della fede, la ricchezza dei poveri, la vita dei morenti. Che cosa c'è di più magnanimo che dare la vita per i malvagi? Quale benevolenza maggiore che amare i nemici? Solo la carità fa sì che la felicità altrui non ti turbi, perché non è gelosa. Solo essa non si esalta per la prosperità, perché non si gonfia di superbia. In virtù di essa sola non vi è rodìo di cattiva coscienza, perché non agisce con ingiustizia. Essa va tranquilla fra gli insulti, è benefica fra gli odi. Di fronte al ribollire delle ire è placida, in mezzo a trame insidiose è innocente. E` afflitta nelle cattiverie, respira nella verità. Di fronte alle ingiurie che cosa vi è di più forte della carità? In quanto non ricambia le offese ma lascia correre. Che cosa vi è di più fedele della carità? Fedele non all'effimero ma all'eterno. Essa sopporta tutto nella presente vita, per la ragione che tutto crede sulla futura vita: sopporta tutte le cose che qui ci sono date da sopportare, perché spera tutto quello che le viene promesso là. Giustamente non ha mai fine. Perciò praticate la carità e portate, meditandola santamente, frutti di giustizia. E se troverete voi, a sua lode, altre cose che io non vi abbia detto ora, lo si veda nel vostro modo di vivere. Il discorso di un vecchio occorre che sia non solo sostanzioso, ma anche breve.
(tratto dal discorso 350- La Carità)
L'amore del mondo si oppone alla carità.
Questi sono del mondo. Chi? Gli anticristi. Avete già udito chi siano. E li riconoscete, se voi non lo siete: chi infatti lo è, non li riconosce. Essi sono nel mondo: perciò parlano delle cose del mondo ed il mondo li ascolta (1 Gv 4, 5). Chi sono quelli che parlano delle cose del mondo? Volgete pure l'attenzione a coloro che parlano contro la carità. Avete sentito le parole del Signore: Se perdonerete agli uomini i loro peccati, anche il vostro Padre dei cieli perdonerà i vostri peccati; ma se non perdonerete, neanche il Padre perdonerà a voi (Mt 6, 14-15). E' la verità che lo afferma; che se, al contrario, non è la verità, puoi pure contraddire. Se sei cristiano e credi a Cristo, sai che lui disse: Io sono la verità (Gv 14, 6). Si tratta, dunque, di una affermazione vera e sicura. Senti invece gli uomini che parlano il linguaggio del mondo. Ti dicono: perché non ti vendichi e lasci che l'altro si glori di averti fatto questo? Orsù! fagli capire che ha a che fare con un uomo. Parole del genere si sentono dire tutti i giorni. Quelli che le dicono parlano il linguaggio del mondo; ed il mondo li ascolta. Soltanto quelli che amano il mondo pronunciano parole del genere e soltanto quelli che amano il mondo le ascoltano. Chi ama il mondo e trascura la carità nega, come avete sentito, che Gesù sia venuto nella carne. Che forse il Signore ha agito così nella carne? Quando era schiaffeggiato, volle forse vendicarsi? Quando pendeva dalla croce, non disse forse: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23, 34)? Se lui, che ne aveva il potere, non minacciava, perché mai tu minacci, perché avvampi d'ira tu che sei sottoposto all'autorità altrui? Egli è morto perché così volle, e non minacciava; tu non sai quando morirai e minacci?
Dio è carità.
Noi veniamo da Dio. Qual'è la ragione? Vedete se c'è altra ragione che non sia la carità. Noi veniamo da Dio. Chi conosce Dio, ci ascolta: chi non è da Dio, non ci ascolta. Questo è il segno che ci fa riconoscere lo spirito di verità e lo spirito dell'errore (1 Gv 4, 6). Chi ci ascolta ha lo spirito di verità; chi non ci ascolta ha lo spirito di errore. Vediamo di che cosa ci ammonisce e ascoltiamo piuttosto lui che ammonisce in spirito di verità; non gli anticristi, non gli amatori del mondo, non il mondo. Se siamo nati da Dio, Dilettissimi... Attenzione al seguito. Ci aveva prima detto: Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio, ci ascolta; chi non viene da Dio, non ci ascolta. Questo è il segno col quale riconosciamo lo spirito di verità e quello dell'errore. E così ci aveva reso attenti al fatto che chi conosce Dio lo ascolta, chi non lo conosce non l'ascolta; e questo è il criterio di distinzione tra spirito di verità e d'errore. Vediamo dunque cos'è questa sua ammonizione, che dobbiamo sentire da lui. Dilettissimi, amiamoci a vicenda. Perché? Perché forse ci ammonisce un uomo? Perché l'amore viene da Dio. Ha posto un valido fondamento al dovere della carità dicendo che essa viene da Dio: ma ci dirà ancora di più, se ascoltiamo attentamente. Ha appena detto: L'amore viene da Dio; e chiunque ama, è nato da Dio e ha conosciuto Dio. Chi non ama, non conosce Dio. Perché? Perché Dio è amore (1 Gv 4, 7-8). Che cosa poteva dire di più, o fratelli? Se non ci fosse in tutta questa Epistola e in tutte le pagine della Scrittura nessuna lode della carità all'infuori di questa sola parola che abbiamo inteso dalla bocca dello Spirito, che cioè Dio è carità, non dovremmo chiedere di più.
L'offesa alla carità è un'offesa a Dio stesso
Vedete dunque che agire contro l'amore, significa agire contro Dio. Nessuno dica: io pecco contro un uomo, quando non amo il fratello (sentite!); e peccare contro un uomo è cosa da poco; purché non pecchi contro Dio! Ma come non pecchi contro Dio, quando pecchi contro l'amore? Dio è amore. Lo diciamo forse noi? Se fossimo noi a dire: Dio è amore, forse qualcuno di voi si scandalizzerebbe e direbbe: che cosa ha detto? Che cosa ha voluto dire, affermando che Dio è amore? Dio ci ha dato il suo amore, ci ha donato il suo amore. L'amore proviene da Dio: Dio è amore. Eccovi, o fratelli, nelle vostre mani le Scritture di Dio: questa Epistola è una di quelle canoniche; si legge in tutte le chiese, è ammessa sull'autorità del mondo intero, essa stessa ha edificato il mondo. Senti ciò che ti vien detto da parte dello Spirito di Dio: Dio è amore. Se osi, ormai, agisci pure contro Dio e non amare il fratello.
La carità è da Dio, perché lo Spirito è Dio da Dio.
Come conciliare le due espressioni appena ricordate: L'amore proviene da Dio, e l'amore è Dio? Dio è Padre e Figlio e Spirito Santo: il Figlio è Dio da Dio e lo Spirito Santo è Dio da Dio; questi tre sono un solo Dio, non tre dèi. Se il Figlio è Dio, se lo Spirito Santo è Dio e se ad amare è solo colui nel quale abita lo Spirito Santo, allora veramente l'amore è Dio; Dio, però, perché procede da Dio. L'Epistola ha le due espressioni: L'amore proviene da Dio e l'amore è Dio. La Scrittura solo del Padre non afferma che viene da Dio. Quando ti incontri nelle parole da Dio, o si intende parlare del Figlio o dello Spirito Santo. Dice l'apostolo Paolo: L'amore di Dio è diffuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rm 5, 5); e da qui comprendiamo che è lo Spirito Santo l'amore. E' esso, infatti, quello Spirito Santo, che i cattivi non possono ricevere; è esso la fonte di cui la Scrittura dice: Abbi una sorgente d'acqua in tua esclusiva proprietà e nessun estraneo la usi con te (Prv 5, 16-17).
Tutti quelli che non amano Dio sono estranei, anticristi. E anche se entrano nelle basiliche, non possono annoverarsi tra i figli di Dio; non appartiene loro questa fonte di vita. Anche il malvagio può avere il battesimo; può avere anche il dono della profezia. Sappiamo che il re Saul aveva il dono della profezia; egli perseguitava il santo David e tuttavia fu ripieno dello spirito di profezia e incominciò a profetare (cf. 1 Sam 19).
Anche il malvagio può ricevere il sacramento del corpo e del sangue del Signore: di costoro infatti è detto: Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna (1 Cor 11, 29). Anche il malvagio può portare il nome di Cristo, dirsi cioè cristiano ed essere malvagio; di costoro è detto: Disonoravano il nome del loro Dio (Ez 36, 20).
Anche il malvagio dunque può avere tutti questi sacramenti; ma il malvagio non può possedere la carità restando malvagio. E' questo il dono proprio dei buoni; questa la sorgente ad essi esclusiva. Lo Spirito di Dio vi esorta a bere di questa fonte; lo Spirito di Dio vi esorta a bere di se stesso.
E' l'intenzione a dar valore all'opera
In questo si è manifestata la carità di Dio per noi. Abbiamo in queste parole l'esortazione ad amare Dio. Potremmo forse amarlo, se lui per primo non ci avesse amato? Se siamo stati pigri nell'amarlo, non siamolo nel corrispondere al suo amore. Per primo egli ci ha amati; e neppure ora siamo disposti ad amarlo. Egli ci ha amati quando eravamo peccatori, ma ha distrutto la nostra iniquità; ci ha amati quando eravamo ammalati, ma è venuto a noi per guarirci. Dio dunque è amore. In questo si è manifestato l'amore di Dio in noi, che egli ha mandato in questo mondo il suo Figlio Unigenito, affinché potessimo vivere per mezzo suo (1 Gv 4, 9). Il Signore stesso ha detto: Nessuno può avere maggior amore di chi dà la sua vita per i suoi amici, e l'amore di Cristo verso di noi si dimostra nel fatto che egli è morto per noi. Quale è invece la prova dell'amore del Padre verso di noi? Che egli ha mandato il suo unico Figlio a morire per noi. Così afferma l'apostolo Paolo: Egli che non risparmiò il suo proprio Figlio, ma lo diede per noi tutti, come non ci ha dato insieme con lui tutti i doni? (Rm 8, 32). Ecco, il Padre consegnò Cristo e anche Giuda lo consegnò; forse che il fatto non appare simile? Giuda è traditore; dunque anche il Padre è traditore? Non sia mai, tu dici. Non lo dico io ma l'Apostolo: Lui che non risparmiò il proprio Figlio, ma lo diede per tutti noi. Il Padre lo diede e Cristo stesso si diede. L'Apostolo infatti dice: Colui che mi amò e diede se stesso per me (Gal 2, 20). Se il Padre diede il Figlio ed il Figlio se stesso, Giuda che cosa fece? Una consegna è stata fatta dal Padre, una dal Figlio, una da Giuda: si tratta di una identica cosa: ma come si distinguono il Padre che dà il Figlio, e il Figlio che dà se stesso e Giuda il discepolo che dà il suo maestro? Il Padre ed il Figlio fecero ciò nella carità; compì la stessa azione anche Giuda, ma nel tradimento. Vedete che non bisogna considerare che cosa fa l'uomo ma con quale animo e con quale volontà lo faccia. Troviamo Dio Padre nella stessa azione in cui troviamo anche Giuda: benediciamo il Padre, detestiamo Giuda. Perché benediciamo il Padre e detestiamo Giuda? Benediciamo la carità, detestiamo l'iniquità. Quanto vantaggio infatti venne al genere umano dal fatto che Cristo fu tradito? Forse che Giuda ebbe in mente questo vantaggio nel tradire? Dio ebbe in mente la nostra salvezza per la quale siamo stati redenti; Giuda ebbe in mente il prezzo che prese per vendere il Signore. Il Figlio ebbe in mente il prezzo che diede per noi, Giuda pensò al prezzo che ricevette per venderlo. Una diversa intenzione dunque, rese i fatti diversi. Se misuriamo questo identico fatto dalle diverse intenzioni, una di esse deve essere amata, l'altra condannata; una deve essere glorificata, l'altra detestata. Tanto vale la carità! Vedete che essa sola soppesa e distingue i fatti degli uomini.
Sia l'amore a ispirare le nostre azioni.
Dicemmo questo in riferimento a fatti simili. In riferimento a fatti diversi troviamo un uomo che infierisce per motivo di carità ed uno gentile per motivo di iniquità. Un padre percuote il figlio e un mercante di schiavi invece tratta con riguardo. Se ti metti davanti queste due cose, le percosse e le carezze, chi non preferisce le carezze e fugge le percosse? Se poni mente alle persone, la carità colpisce, l'iniquità blandisce. Considerate bene quanto qui insegniamo, che cioè i fatti degli uomini non si differenziano se non partendo dalla radice della carità.
Molte cose infatti possono avvenire che hanno una apparenza buona ma non procedono dalla radice della carità: anche le spine hanno i fiori; alcune cose sembrano aspre e dure; ma si fanno, per instaurare una disciplina, sotto il comando della carità. Una volta per tutte dunque ti viene imposto un breve precetto: ama e fa' ciò che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore;
sia in te la radice dell'amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene.
La carità ci fa vedere Dio
Nessuno mai vide Dio (1 Gv 4, 12). Dio è invisibile; non bisogna cercarlo con gli occhi ma col cuore. Se volessimo vedere il sole, toglieremmo gli impedimenti agli occhi del corpo, per poter vedere la luce; così se vogliamo vedere Dio, purghiamo quell'occhio con cui Dio può essere visto. Dove si trova questo occhio? Ascolta il Vangelo: Beati i mondi di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5, 8). Nessuno si faccia un'idea di Dio seguendo il giudizio degli occhi. Costui si farebbe l'idea di una forma immensa oppure prolungherebbe negli spazi una grandezza immensurabile, come questa luce che colpisce i nostri occhi e che egli stende all'infinito quanto può; oppure si farebbe di Dio l'idea di un vecchio dall'aspetto venerando. Non devi avere pensieri di questo genere. Se vuoi vedere Dio, hai a disposizione l'idea giusta: Dio è amore. Quale volto ha l'amore? quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani? nessuno lo può dire. Esso tuttavia ha i piedi, che conducono alla Chiesa; ha le mani, che donano ai poveri; ha gli occhi, coi quali si viene a conoscere colui che è nel bisogno; dice il salmo: Beato colui che pensa al povero ed all'indigente (Sal 40, 2). La carità ha orecchi e ne parla il Signore: Colui che ha orecchi da intendere, intenda (Lc 8, 8). Queste varie membra non si trovano separate in luoghi diversi, ma chi ha la carità vede con la mente il tutto e allo stesso tempo. Tu dunque abita nella carità ed essa abiterà in te; resta in essa ed essa resterà in te. E' mai possibile, o fratelli, che uno ami ciò che non vede? Perché allora, quando si fa la lode della carità, vi sollevate in piedi, acclamate, date lodi? Che cosa vi ho mostrato? Vi ho forse mostrato alcuni colori? Vi ho messo innanzi oro e argento? Vi ho sottoposto delle gemme tolte da un tesoro? Che cosa di grande ho mostrato ai vostri occhi? Forse che il mio volto nel parlarvi si è mutato? Io sono qui in carne ed ossa, sono qui nella stessa forma in cui ho fatto il mio ingresso; anche voi siete qui nella stessa forma in cui siete venuti. Ma si fa la lode della carità e uscite in acclamazioni. Certamente i vostri occhi non vedono nulla. Ma come essa vi piace quando la lodate, così vi piaccia di conservarla nel cuore. Capite, o fratelli, ciò che voglio dire: io vi esorto, per quanto il Signore lo concede, a procurarvi un grande tesoro. Se si mostrasse a voi un vaso d'oro cesellato, indorato, fatto con arte, ed esso attraesse i vostri occhi e attirasse a sé la brama del vostro cuore, e la mano dell'artista vi piacesse così come il peso della materia e lo splendore del metallo, forse che ciascuno di voi non direbbe: "oh, se avessi quel vaso"? Ma lo avreste detto inutilmente, poiché non era in vostro potere averlo. Oppure, se uno volesse averlo, penserebbe di rubarlo dalla casa di un altro. A voi vien fatto l'elogio della carità; se essa vi piace, abbiatela, possedetela; non è necessario che facciate un furto a qualcuno, non è necessario che pensiate di comprarla. Essa è gratuita. Tenetela, abbracciatela: niente è più dolce di essa. Se di tal pregio essa è quando viene presentata a voce, quale sarà il suo pregio quando è posseduta?
Ama l'uomo, non il suo errore. Cristo rivendica i suoi titoli.
Nessuno mai vide Dio (1 Gv 4, 12). Dio è invisibile; non bisogna cercarlo con gli occhi ma col cuore. Se volessimo vedere il sole, toglieremmo gli impedimenti agli occhi del corpo, per poter vedere la luce; così se vogliamo vedere Dio, purghiamo quell'occhio con cui Dio può essere visto. Dove si trova questo occhio? Ascolta il Vangelo: Beati i mondi di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5, 8). Nessuno si faccia un'idea di Dio seguendo il giudizio degli occhi. Costui si farebbe l'idea di una forma immensa oppure prolungherebbe negli spazi una grandezza immensurabile, come questa luce che colpisce i nostri occhi e che egli stende all'infinito quanto può; oppure si farebbe di Dio l'idea di un vecchio dall'aspetto venerando. Non devi avere pensieri di questo genere. Se vuoi vedere Dio, hai a disposizione l'idea giusta: Dio è amore. Quale volto ha l'amore? quale forma, quale statura, quali piedi, quali mani? nessuno lo può dire. Esso tuttavia ha i piedi, che conducono alla Chiesa; ha le mani, che donano ai poveri; ha gli occhi, coi quali si viene a conoscere colui che è nel bisogno; dice il salmo: Beato colui che pensa al povero ed all'indigente (Sal 40, 2). La carità ha orecchi e ne parla il Signore: Colui che ha orecchi da intendere, intenda (Lc 8, 8). Queste varie membra non si trovano separate in luoghi diversi, ma chi ha la carità vede con la mente il tutto e allo stesso tempo. Tu dunque abita nella carità ed essa abiterà in te; resta in essa ed essa resterà in te. E' mai possibile, o fratelli, che uno ami ciò che non vede? Perché allora, quando si fa la lode della carità, vi sollevate in piedi, acclamate, date lodi? Che cosa vi ho mostrato? Vi ho forse mostrato alcuni colori? Vi ho messo innanzi oro e argento? Vi ho sottoposto delle gemme tolte da un tesoro? Che cosa di grande ho mostrato ai vostri occhi? Forse che il mio volto nel parlarvi si è mutato? Io sono qui in carne ed ossa, sono qui nella stessa forma in cui ho fatto il mio ingresso; anche voi siete qui nella stessa forma in cui siete venuti. Ma si fa la lode della carità e uscite in acclamazioni. Certamente i vostri occhi non vedono nulla. Ma come essa vi piace quando la lodate, così vi piaccia di conservarla nel cuore. Capite, o fratelli, ciò che voglio dire: io vi esorto, per quanto il Signore lo concede, a procurarvi un grande tesoro. Se si mostrasse a voi un vaso d'oro cesellato, indorato, fatto con arte, ed esso attraesse i vostri occhi e attirasse a sé la brama del vostro cuore, e la mano dell'artista vi piacesse così come il peso della materia e lo splendore del metallo, forse che ciascuno di voi non direbbe: "oh, se avessi quel vaso"? Ma lo avreste detto inutilmente, poiché non era in vostro potere averlo. Oppure, se uno volesse averlo, penserebbe di rubarlo dalla casa di un altro. A voi vien fatto l'elogio della carità; se essa vi piace, abbiatela, possedetela; non è necessario che facciate un furto a qualcuno, non è necessario che pensiate di comprarla. Essa è gratuita. Tenetela, abbracciatela: niente è più dolce di essa. Se di tal pregio essa è quando viene presentata a voce, quale sarà il suo pregio quando è posseduta?
Se volete conservare la carità, fratelli, innanzitutto non pensate che essa sia avvilente e noiosa; non pensate che essa si conservi in forza di una certa mansuetudine, anzi di remissività e di negligenza. Non così essa si conserva. Non credere allora di amare il tuo servo, per il fatto che non lo percuoti; oppure che ami tuo figlio, per il fatto che non lo castighi; o che ami il tuo vicino allorquando non lo rimproveri; questa non è carità, ma trascuratezza. Sia fervida la carità nel correggere, nell'emendare; se i costumi sono buoni, questo ti rallegri; se sono cattivi, siano emendati, siano corretti. Non voler amare l'errore nell'uomo, ma l'uomo; Dio infatti fece l'uomo, l'uomo invece fece l'errore. Ama ciò che fece Dio, non amare ciò che fece l'uomo stesso. Amare quello significa distruggere questo: quando ami l'uno, correggi l'altro. Anche se qualche volta ti mostri crudele, ciò avvenga per il desiderio di correggere. Ecco perché la carità è simboleggiata dalla colomba che venne sopra il Signore (cf. Mt 3, 16). Quella figura cioè di colomba, con cui venne lo Spirito Santo per infondere la carità in noi. Perché questo? Una colomba non ha fiele: tuttavia in difesa del nido combatte col becco e con le penne, colpisce senza amarezza. Anche un padre fa questo; quando castiga il figlio, lo castiga per correggerlo. Come ho detto, il mercante, per vendere, blandisce ma è duro nel cuore: il padre per correggere castiga ma è senza fiele. Tali siate anche voi verso tutti. Ecco, o fratelli, un grande esempio, una grande regola: ciascuno ha figli o vuole averli; oppure, se ha deciso di non avere assolutamente figli dalla carne, desidera per lo meno averne spiritualmente: chi è che non corregge il proprio figlio? Chi è quel padre che non dà castighi (cf. Eb. 12, 7)? E tuttavia sembra che egli infierisca. L'amore infierisce, la carità infierisce: ma infierisce, in certo qual modo, senza veleno, al modo delle colombe e non dei corvi. Questo mi ha ricordato, fratelli miei, di dirvi che quei violatori della carità hanno operato scisma: come odiano la carità, così odiano la colomba. Ma la colomba li accusa: essa proviene dal cielo, i cieli si aprono, resta sopra la testa del Signore. E perché? Per udire: Questi è colui che battezza (Gv 1, 33). Allontanatevi, o predoni; allontanatevi, o invasori della proprietà di Cristo. Nelle vostre proprietà, dove volete fare da padroni, avete osato affiggere i titoli del Signore. Egli conosce i suoi titoli; rivendica la sua proprietà; non distrugge i titoli, ma entra e prende possesso. Così non viene distrutto il battesimo di chi viene alla Chiesa Cattolica, affinché non venga distrutto il titolo del suo Re. Ma che cosa avviene nella Chiesa Cattolica? Il titolo viene riconosciuto; il possessore entra sotto i suoi propri titoli, là dove il predone entrava con titoli non suoi.
(Omelia 7 commento lettera Gv)